Angelo (Agnolo) Ambrogini conosciuto come Il Poliziano fu chiamato così da Mons Politianus, il nome della cittadina di nascita, Montepulciano, in Toscana.
Nato nel 1454 da famiglia agiata, rimase orfano di padre e per difficoltà economiche fu accolto da alcuni parenti a Firenze. Il giovanetto grazie alla brillante intelligenza si fece conoscere dai letterati dell’epoca riuscendo a tradurre l’Iliade dal greco al latino. Venne così notato da Lorenzo il Magnifico, grande mecenate e intellettuale, il quale come il nonno Cosimo il Vecchio e il padre Piero, furono determinanti per la storia di Firenze e lo sviluppo delle idee umanistiche.
Il Magnifico gli concesse l’accesso alla Biblioteca medicea e lo scelse come precettore per il figlio Piero, ospitandolo a vivere nel suo palazzo di Via Larga nel quartiere di San Lorenzo a Firenze. Dal 1475 Il Poliziano abitò stabilmente a Palazzo Medici a Firenze diventando il segretario personale di Lorenzo e partecipando con lui alla vita della famiglia e ai Circoli Intellettuali Umanistici che precedettero il Rinascimento.

Il Poliziano con Piero de’Medici fanciullo raffigurati dal Ghirlandaio

Le numerose lettere di Poliziano testimoniano la familiarità che il poeta aveva all’interno della celebre famiglia Medici. L’Ambrogini scrive lettere confidenziali sia a Lorenzo il Magnifico, che alla madre di lui Lucrezia Tonabuoni e alla moglie di Lorenzo, Clarice Orsini, informando circa l’andamento delle cose nei luoghi e con le persone con cui si trovava.
A Clarice Orsini in Firenze
Magnifica domina mia, ieri non scrissi alla Vostra Magnificentia perché Lorenzo mi mandò a Lucca. Hora, subito che io tornai, ripresi la penna per osservare con voi i patti. Lorenzo è sano e di buona voglia. Essendo ieri un poco di vento andò a uccellare e non ebbero molta fortuna perché persero il falcone gentile di Pilato detto il Mantovano… Mentre eravamo a campagna, tornò Pilato col falcone suo il quale aveva perduto, che ha raddoppiato a Lorenzo il piacere. Solo mi resta di darvi avviso di questo suo uccellare, perchè nè mattina nè sera non si fa altro. Stasera ho inteso che Lorenzo fa conto di andare lunedì alla caccia dei caprioli e di subito tornerà in Firenze. Fate le mie scuse a Madonna Lucrezia del non scriverli perché non so di che altro debbi avvisare la sua Magnificentia oltre che di questo che scrivo a voi.
Vostro servitore Agnolo da Monte Pulciano
Pisa, 1 Dicembre 1475
A Lorenzo de’ Medici a Dicomano
Magnifico domino meo, a Madonna Lucretia e a Clarice pare che il fanciullo (Giovanni) vada migliorando assai, benchè non possa poppare. Mangia pur bene la minestrina. Il male suo mi pare sia un po’ di scesa e piuttosto nella lingua che nella gola, che è la ragione che gli dà noia al tirare la poppa. E pare sia un poco incordato, perchè con fatica volge il collo… Insomma a Madonna Lucretia e a me e al Fracassino, che è giunto in questo punto in cui scrivevo, pare che il fanciullo non habbia quasi male nessuno. L’altra brigata è tutta sana. Pierino è con quel buon viso che si suole…
Vostro servitore Angelus Politianus
Cafaggiolo, 2 Settembre 1477
A Clarice Orsini in Firenze
Magnifica domina mia, partiti ieri di costì venimmo sino a San Miniato tutta la via cantando e talvolta ragionando di qualche cosa sacra, per non dimenticare la quaresima… Ieri sera giunti a San Miniato cominciammo a leggere un poco di Santo Agostino e si risolse infine di musicare e dirozare un certo modello di ballerino che è qua. Lorenzo s’avvia a udire la messa. La finirò un’altra volta.
Servitore Agnolo vostro
San Miniato, 8 Aprile 1476
da Lettere Volgari di Angelo Poliziano, Ed. di Storia e letteratura, 2016

L’indole positiva del Poliziano era contagiosa, il suo amore per la bellezza, la natura e la poesia furono determinanti per gli artisti della cerchia fiorentina. Le sue rime poetiche inneggianti all’amore cortese, di certo ispirarono i componimenti di molti poeti dell’epoca, compreso quelli di Lorenzo il Magnifico e del giovane Michelangelo, ospite anche lui nel Palazzo di Via Larga.
Amore bandire e comandare vi fa, donne belle e gentili che siete qui… Io non ardisco gli occhi alti levare… che io non son degno di tale donna amare…
A. Poliziano
La contemporanea presenza nel palazzo Medici di Poliziano e Michelangelo è confermata anche da Ascanio Condivi, allievo di Michelangelo e da lui autorizzato a scrivere il racconto della sua vita
Era nella medesima casa il Poliziano, uomo, come ognuno sa, e piena testimonianza ne fanno i suoi scritti, dottissimo e acutissimo. Costui, conoscendo Michelangelo di spirito elevatissimo, molto lo amava, e di continuo lo spronava, benchè non bisognasse, allo studio, dichiarandogli sempre e dandogli da far qualche cosa.
da Vita di Michelangiolo, A. Condivi, 1553

Il Poliziano è stato l’autore di Stanze per la giostra, un poemetto esaltante il mondo cavalleresco medievale, scritto in onore della vittoria di Giuliano dei Medici, fratello di Lorenzo, al torneo istituito in Piazza Santa Croce a Firenze nel 1475.
In quell’occasione Giuliano si innamorò della bella Simonetta Cattaneo musa ispiratrice di Botticelli, che tramite accordi fra Jacopo III Appiano di Piombino e Lorenzo il Magnifico, era stata accasata a Marco Vespucci di Firenze e venne così a vivere in città. La bellezza della donna era tale che fu nominata la senza pari, non esistevano paragoni. Botticelli aveva il suo palazzo e la bottega vicino casa Vespucci, la vedeva spesso, e ne rimase folgorato, tanto ritrarla in molti suoi dipinti e da richiedere di essere seppellito nella chiesa di Ognissanti, dove si trova la cappella dei Vespucci.


Il poema del Poliziano rimase poi incompleto per lo shock subìto con la morte di Giuliano, che venne pugnalato a tradimento durante la messa nel duomo di Firenze in quella che fu detta la Congiura dei Pazzi, un agguato contro i due fratelli Medici.
Angelo Poliziano si trovava alla funzione in chiesa vicino a Lorenzo il Magnifico, che venne anche lui ferito dai congiurati. Era il 26 aprile 1478. In seguito Poliziano pubblicherà il suo Coniurationis Commentarium, cioè il Commentario della Congiura dei Pazzi, dove evidenzierà le motivazioni dell’orribile atto che sconvolse la città, ponendo la causa di tutto questo essenzialmente nell’invidia natura e in giuramenti e patti segreti locali, non tanto in complotti più estesi che volevano coinvolgere pure il papa Sisto IV. Il tragico evento vide una Firenze in delirio, la morte dei congiurati e lo sterminio quasi totale dei Pazzi, i potenti banchieri fiorentini, che come molte altre ricche famiglie di Firenze, mal digerivano la supremazia dei Medici nel governo della città.


I Pazzi avevano sempre occupato un ruolo importante a Firenze e godevano di un certo rispetto fra la popolazione, fin da quando il loro antenato Pazzo Pazzi, chiamato Pazzino, nel 1088 durante la prima crociata, era stato il primo a salire sulle mura di Gerusalemme. Per questo suo coraggio era stato ricompensato con tre pietre focaie prese dal Santo Sepolcro. Le pietre, conservate nel Palazzo dei Pazzi, da allora furono usate per accendere il sacro fuoco nella festa dello Scoppio del Carro, che da qui ebbe origine. Le tre pietre si trovano oggi nella chiesa dei SS.Apostoli, vicinissima al Ponte Vecchio.



Nell’agosto del 1459 le famiglie Pazzi e Medici avevano tentato di migliorare i loro rapporti attraverso il matrimonio di Bianca de’ Medici, sorella di Lorenzo e Giuliano, con Guglielmo dei Pazzi e a questa parentela fu dovuta la differenza di trattamento fra Guglielmo e i familiari. Nell’occasione della congiura l’intera famiglia venne sterminata, alcuni furono imprigionati a Volterra, tutti i possedimenti confiscati. I resoconti di storici e politici come quelli di Guicciardini e successivamente di Machiavelli, ma soprattutto la testimonianza-confessione di Giovanni Battista da Montesecco, partecipante alla congiura, spinsero il Poliziano, probabilmente su suggerimento di Lorenzo de’ Medici a scrivere il suo resoconto, magari di parte ma ricco di dettagli e informazioni. Tutti i presunti congiurati furono catturati e uccisi nei giorni successivi all’evento. Fra questi c’erano anche alcuni religiosi, come l’arcivescovo di Pisa Francesco Salviati e, si volle insinuare pure il coinvolgimento del papa Sisto IV, per questo motivo il pontefice scomunicò la città di Firenze e la famiglia Medici.
Iniziò così apertamente una guerra che fu detta la Guerra dei Pazzi, ma il 3 ottobre del 1480 Sisto IV offrì la pace a Firenze sciogliendola dalla scomunica. Lorenzo il Magnifico in ringraziamento inviò a Roma alcuni dei suoi migliori artisti, che furono impegnati ad affrescare le pareti della Cappella Sistina. Erano Botticelli, Cosimo Rosselli, Ghirlandaio e Perugino. Il successore di Sisto, il papa Innocenzo VIII, manterrà sempre buoni rapporti con il Magnifico. I due nutrivano talmente tanta simpatia l’uno con l’altro che per suggellare questa intesa, si accordarono pure per un matrimonio di famiglia: la piccola Maddalena, figlia di Lorenzo, fu maritata a Franceschetto Cybo, figlio illegittimo del papa, di ventiquattro anni maggiore di lei.
Angelo Poliziano, sconvolto dopo i fatti della congiura, fu mandato da Lorenzo fuori Firenze insieme con Clarice, la moglie del Magnifico, e i bambini, nel tentativo di proteggerli. In questo periodo l’Ambrogini scriverà numerose lettere a Lucrezia Tornabuoni, la madre di Lorenzo de’ Medici, chiedendo notizie sui fatti che si andavano susseguendo a Firenze e a Lorenzo lamentando la sua smania di voler tornare in città. Esasperato dalla convivenza forzata con Clarice, con la quale gli scontri sull’educazione dei bimbi erano da sempre stati piuttosto accesi, il Poliziano chiederà più volte al Magnifico di dispensarlo da questo incarico.
A Lucrezia Tonabuoni in Firenze
Magnifica Domine mea
Tutti sani. Noi habbiamo tanta acqua e così continua che non possiamo uscire di casa e habbiamo mutata la caccia nel gioco di palla. Io mi sto in casa, al fuoco, in zoccoli e palandrano, che vi parrei la malinconia se voi mi vedessi…
Cafaggiolo, 18 Dicembre 1478
Nel 1479 la situazione con Clarice Orsini subisce un peggioramento, e probabilmente anche su suggerimento di altri, Angelo Poliziano non fu scelto come educatore di Giovanni, il secondo figlio della coppia che diventerà papa con il nome di Leone X. L’Ambrogini, giunto ormai allo scontro aperto con Clarice scrive a Lorenzo il Magnifico
Magnifico domine meo,
io sono qui a Careggi, partito da Cafaggiolo per comando di Madonna Clarice. La ragione e il modo di questa mia partita desidererei, anzi vi chiedo di grazia, di potervela dire a bocca perchè è cosa lunga. E credo, quando avrete udito, che vi accorderete che io non abbia tutto il torto. Per rispetto non verrò a Firenze, io sono qui et aspetto che Vostra Magnificentia mi dica che abbia a fare… Servitore Angelus Politianus
6 Maggio 1479
Amareggiato per il non intervento in suo favore da parte di Lorenzo il Magnifico, il Poliziano lasciò Firenze per recarsi a Roma e a Venezia. Da lì si trasferirà poi a Mantova, alla corte dei Gonzaga, dove scrisse la Fabula di Orfeo, prima opera profana teatrale italiana.
In seguito la nostalgia per Firenze lo indusse a scrivere di nuovo al Magnifico, che lo richiamò affidandogli l’incarico di docente presso lo Studio Fiorentino.

Iniziò allora un periodo di feconda ispirazione intellettuale che lo vide amico di brillanti pensatori come Marsilio Ficino e soprattutto del giovane conte Pico della Mirandola, che grazie a lui entrò a far parte del circolo di Umanisti che si riunivano con Lorenzo nelle ville medicee dei dintorni di Firenze. I tre amici sono ritratti insieme nell’affresco di Cosimo Rosselli presente nella chiesa di Sant’Ambrogio a Firenze, che raffigura proprio il sagrato della suddetta chiesa durante una processione per il miracolo del Sacramento.
Vi è ritratto Pico della Mirandola tanto eccellentemente che pare non ritratto ma vivo
Da Vita di Cosimo Rosselli di Giorgio Vasari
Pico della Mirandola e Poliziano, pur essendo caratterialmente molto diversi, nutrivano profonda stima l’uno verso l’altro. Poliziano fu riconoscente a Pico per averlo fatto appassionare di nuovo alle materie filosofiche e alle ricerche bibliografiche, Pico dedicò a Poliziano il suo libro De Ente et Uno, nato da una delle loro tante dispute filosofiche. Poliziano fu molto commosso della dedica del libro e l’accolse con espressioni tali che parrebbero esagerate se non si fosse a conoscenza della profonda ammirazione che aveva verso di lui.
“Arsi sempre, forse un po’ troppo te lo confesso, dal desiderio di una perpetua fama, al punto da ritenere niente le ricchezze, la dignità, la potenza e i piaceri in paragone di una gloria duratura… Poichè quello che ho scritto non mi è valso molto a perpetuare il mio nome, tu, Pico sei apparso a prestarmi ciò che non avevo potuto da me, dedicandomi il tuo commentario De Ente et Uno“
L’indole gioviale e realistica del Poliziano, era un valido contrappeso per equilibrare le elevazioni mistiche del Mirandolano.
da Giovanni Pico della Mirandola di Giovanni Semprini, 1921
L’affetto e la stima reciproca che univa Il Magnifico, Poliziano e il Conte della Mirandola erano davvero sinceri e i due amici furono molto provati quando Lorenzo morì. Entrambi erano presenti al suo capezzale e Poliziano lo assistette fino all’ultimo.

Due anni dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, il 24 settembre 1494, Angelo Poliziano morì avvelenato (ormai appurato secondo recenti analisi tenute dall’Università di Bologna) a causa di intossicazione cronica da arsenico, così come morirà per lo stesso motivo due mesi dopo, anche Pico della Mirandola. I sepolcri dei due amici si trovano nella chiesa di San Marco a Firenze in quanto entrambi erano grandi seguaci delle idee del frate Giacomo Savonarola, priore del convento di San Marco.
Molti degli scritti del Poliziano furono dispersi.



Il papa Leone X de’Medici, figlio del Magnifico, per l’amicizia e la devozione che Poliziano aveva sempre dimostrato verso suo padre, finanziò la costruzione del Tempio di San Biagio a Montepulciano, che è universalmente riconosciuto come un gioiello del Rinascimento. Fu disegnato da Antonio da Sangallo il Vecchio.


Visitando Montepulciano si noteranno i molti importanti palazzi di epoca rinascimentale. Spesso gli edifici portano il nome dei nobili che li hanno abitati e commissionati. Furono i Cervini, gli Avignonesi, i Contucci, i Benincasa, i de’Nobili, i Tarugi, i Ricci e molti altri.
L’immensità degli edifici della Piazza Grande, nella parte alta del borgo, rappresentano un’ulteriore testimonianza del prestigio della cittadina, la quale fu scelta dai Fiorentini come centro amministrativo principale della zona.


Il Palazzo Comunale, con la facciata di Michelozzo Michelozzi, architetto personale della famiglia Medici, ricorda il Palazzo Comunale di Firenze in Piazza della Signoria. L’incompletezza della Cattedrale, alla sua destra, richiama indubbiamente la chiesa di San Lorenzo, il quartiere di nascita dei Medici e luogo prescelto dalla famiglia per tutte le cerimonie religiose.
Angelo Poliziano continuò a frequentare sporadicamente la sua cittadina di nascita Montepulciano, dove la madre Antonia de’ Salimbeni si era risposata con Michele Gasdi da San Gimignano, notaio delle gabelle in Montepulciano. La sorella Saracina aveva sposato il nobile Bernardino Tarugi, con il quale Poliziano mantenne sempre ottimi rapporti.
La casa natale del Poliziano si trova lungo il Corso a Montepulciano, nei pressi della Porta delle Farine. Il palazzo è stato probabilmente rimaneggiato nel corso del XVI secolo.
Al mio caro cognato Bernardino Tarugi in Monte Pulciano
Caro cognato, io ho inteso che ser Michele mio patrigno sta in casa mia, di questo molto mi meraviglio perchè gli dovevo dare la licenza io, e senza la mia licenza non doveva entrare. Tu sai in che termine sono le cose lì, come grano e vino e altro… bisogna che ognuno si porti la soma sua. Io ho da me così tante brighe che non le posso leggere. Vorrei che facciamo una volta il conto insieme e vorrei ricordassi a Pagolo di Papi Petro la promessa che fece e più volte ha replicata, di quella bottega e dei cento fiorini che gli aveva a prestare il medico… A Raccomandoti la Saracina. Non altro.
Firenze 1 Marzo 1487
Agnolo tuo cognato
da Lettere Volgari di Angelo Poliziano, Ed. di Storia e letteratura, 2016

A Lorenzo de’Medici
Magnifico Padrone, da Ferrara vi scrissi l’ultima. A Padova poi trovai alcuni buon libri li quali non abbiamo a Firenze… In Venezia ho trovato alcuni libri di Archimede e di Heron mathematicus, che a noi mancano et altre cose buone… A me non occorre altro per hora, se non solo dirvi che questa impresa dello scrivere libri greci e del favorire i dotti, vi dà tanto onore e grazia universale, quanto mai molti e molti anni non ebbe uomo alcuno
Vostre Magnificentie Servitor Angelus Politianus
Venezia, 20 giugno 1491