Dalle coste della Maremma, andando verso l’interno, il paesaggio inizia a salire sulle colline, in zone boscose e poco abitate. E’ il regno del tufo e delle pietre vulcaniche, la culla di antichissime e solitarie città che dalle cime dei colli, dominano campi di grano, vigneti e uliveti.
Il territorio fu abitato dagli Etruschi, che hanno lasciato molte testimonianze del loro passaggio. I reperti archeologici lasciano sbalorditi: sono strade scavate nella roccia, resti di mura, necropoli e gallerie nascoste nel terreno.
Nel Medioevo la zona apparteneva agli Aldobrandeschi, i conti longobardi che governarono la Toscana del sud e l’alto Lazio. E di quel periodo restano chiese e rovine di castelli. In particolare tre città sembrano dominare le rupi di tufo, come immagini magiche immobili da secoli: sono Pitigliano, Sorano e Sovana.
Sovana, la più piccola, è stata nei secoli la più importante, la capitale della Maremma. Già nel VI secolo è documentata come sede vescovile e in seguito divenne un municipium, cioè una città alla quale i Romani avevano concesso autonomia. Il primo vescovo conosciuto fu Maurizio, che nel 680 d.C. firmò una lettera contro l’eresia destinata al Concilio di Costantinopoli.
Gli Aldobrandeschi avevano avuto in concessione la contea da Carlo Magno e da qui governavano tutta la zona. L’altra loro sede principale era a Santa Fiora, sul Monte Amiata, 40 chilometri a nord.
Fra i due rami della famiglia sorgeranno poi dissapori, che furono placati con il matrimonio di Margherita Aldobrandeschi, figlia di Ildebrandino XI di Sovana detto il Rosso, con il conte Guido di Santa Fiora, suo lontano parente. La contessa era al quarto matrimonio.
Margherita Aldobrandeschi fu un personaggio molto noto all’epoca, presumibilmente è lei la donna che Dante Alighieri cita nel XIX canto dell’Inferno, dove vengono messe in evidenza le trame ordite dal papa Bonifacio VIII ai danni di una misteriosa dama: non temesti tòrre a inganno la bella donna e poi di farne strazio?
La bella Margherita, principalmente per via dell’importanza strategica della contea di Sovana, ebbe una vita assai avventurosa e fu molto all’avanguardia per l’epoca storica. Si sposò ben cinque volte, spesso per amore, altre volte fu costretta dai cardinali suoi protettori o su invito del papa. Il primo marito, il conte Guido di Montfort, era un grande condottiero inglese al servizio di Carlo d’Angiò. I due vissero gli inizi della loro storia d’amore nella rocca di Sovana, fra bagni a Saturnia e cavalcate nella campagna maremmana.
Le loro nozze furono celebrate nel duomo di Sovana, in una cittadina addobbata a festa. La Via di Mezzo fu decorata con serti di rose, di biancospino e fiori di campo, che posero in ogni angolo della cattedrale. E la mattina delle nozze, sparsero corolle variopinte frammiste a nepitella, salvia e rosmarino sul percorso del corteo, che dietro la carrozza degli sposi vedeva a cavallo una folla di teste coronate… Le campane del duomo e della chiesa di Santa Maria suonarono a distesa per ore.
da La bella donna di Sovana di Alfio Cavoli
Dopo la scomparsa del primo marito, che nel corso delle numerose battaglie fu imprigionato dagli Aragonesi nella fortezza di Messina, Margherita, insidiata da più parti, cedette alle attenzioni dello spregiudicato uomo d’armi Nello Pannocchieschi della Pietra, e si risposò segretamente. Le nozze furono dichiarate nulle dal papa Bonifacio VIII. Successivamente Bonifacio, che dopo la morte del terzo marito della donna, Orso Orsini, le aveva fatto sposare suo nipote Loffredo Caetani, la dichiarerà bigama, e con la bolla del 9 Marzo 1303 le toglierà tutti i diritti feudali e la farà imprigionare per un periodo nella rocca di Piancastagnaio, sul Monte Amiata. In seguito si pentì e la costrinse a sposare di nuovo il Pannocchieschi. Morto Bonifacio, Margherita, ormai sessantenne, si separò dall’arrogante marito e si rifugiò a Roma ospite degli Orsini, ai quali aveva dato in spose le figlie Anastasia e Maria. Il fatto è documentato dalle numerose lettere del cognato, il cardinale Napoleone Orsini.
Seguita da tutta la famiglia, la contessa volle in seguito tornare a Sovana e nelle zone di Maremma che aveva tanto amato e dove nel frattempo, il quinto marito, Nello Pannocchieschi, stava mandando in giro una sua sosia per parlare alla gente e sollevarli contro il papato e gli Orvietani, eventi sempre documentati dalle lettere del cardinale Orsini. Dell’ultimo periodo della sua vita se ne perdono le tracce.
Sovana è comunque legata soprattutto alla figura di un altro importante personaggio, nato nel paese intorno al 1010 d.C.: si tratta di Ildebrando, l’intraprendente papa Gregorio VII.
Ildebrando da Soana è stato uno dei personaggi più influenti del suo tempo, un grande riformatore e il nemico del Sacro Romano Impero nella lotta contro le investiture. Celebre è l’episodio del 25 gennaio 1077, che lo vede a Canossa, ospite di un’altra contessa ben nota nel Medioevo, la Contessa Matilde di Toscana. In quell’occasione Enrico IV di Germania dovette implorare il perdono di Gregorio aspettando per ben tre giorni alle porte del castello che era fra l’altro sommerso dalla neve.
Il culto dell’energico Gregorio, che fu santificato, ha conosciuto molti momenti di opposizione da parte del potere temporale. Per lungo tempo è stato un personaggio scomodo.
Per anni dimenticata, con i campi incolti e le rovine abbandonate, la piccola Sovana fu riscoperta dai Granduchi di Toscana nel XVI secolo. Cosimo I de’Medici tentò di risollevare le sorti dell’antica Regina della Maremma emanando alcuni statuti che prevedevano privilegi e terre da distribuire a chi avesse voluto stabilirsi qui. A causa però di epidemie e abusi, anche questo tentativo fallì.
Il paese, un tempo molto più grande, conserva in modo apprezzabile l’aspetto antico, nelle parti oggi rimaste. La strada centrale, la vecchia Via di Mezzo, va dai resti della Rocca Aldobrandesca fino alla Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, un’antica chiesa dichiarata Monumento Nazionale dal re Vittorio Emanuele III nel 1940.
Eretta sulle fondamenta di un edificio preesistente, di cui è rimasta la cripta, la Cattedrale presenta elementi addirittura preromanici. I capitelli e il portale rappresentano scene bibliche e simboli arcaici. Aveva a fianco la canonica già nel 1061, come documenta una bolla dell’epoca. Nel 1660 la sede vescovile fu spostata a Pitigliano.
A Sovana le vie del paese sono pavimentate con pietre rotonde e mattoni a spina di pesce, così come si faceva nel medioevo; in alcuni tratti sono le originali.
Al centro della via di Mezzo, oggi via del Pretorio e via Duomo, troviamo la piazzetta, che nei documenti è chiamata piazzola. Qui il tempo sembra essersi fermato.
Nel piccolo spazio ci sono gli edifici principali caratteristici della vita di una cittadina medievale: il Palazzo Pretorio con la loggia, l’antico palazzo comunale (poi dell’Archivio), la bella Chiesa di Santa Maria, che conserva un tabernacolo in travertino del VIII-IX secolo d.C. e il rinascimentale palazzo Bourbon dal Monte con a fianco l’ex chiesa di San Mamiliano, patrono di Sovana insieme a San Gregorio.
La chiesa di San Mamiliano è la più antica del paese, le fondamenta sono di epoca etrusca e romana. Il corpo del santo fu trasportato qui dalle isole dell’arcipelago toscano. Oggi si trova nella cripta del duomo del paese, mentre la chiesa è diventata un museo. Al suo interno sono conservate le 498 monete d’oro che furono ritrovate durante i lavori di ripristino dell’edificio. Risultano coniate in varie parti dell’Impero d’Oriente e d’Occidente e risalgono al V secolo d.C. Si rilevano le zecche di Costantinopoli, Roma, Ravenna, Milano… con raffigurati diversi imperatori. Furono trovate in un piccolo vaso sotterrato in una buca del terreno, dove si è visto esserci stata un’area termale. Per molti si tratta del leggendario tesoro di Montecristo.
Nel museo sono esposti anche interessanti reperti che provengono dalle necropoli della zona, una serie di siti archeologici di grande rilevanza, con tombe monumentali come la tomba Ildebranda e le suggestive Vie Cave scavate in epoca etrusca.
Riscoperta recentemente dal turismo, Sovana è davvero un luogo delizioso: gli affittacamere nelle casine di tufo, con le trattorie circondate da fiori, ne fanno un posto molto suggestivo, ideale per gli amanti della tranquillità, della storia e della buona cucina.
A Sovana Il silenzio e le rovine parlano prepotentemente al cuore di chi le osserva…”
così scrisse in una lettera, un ecclesiastico in visita al paese nel 1885. Incredibile infatti quanta storia si nasconda in questo sperduto borgo della Toscana del sud.