Michelangelo, il genio, il poeta

Michelangelo Buonarroti nasce nel Casentino, sull’Appennino tosco emiliano nel 1475. Lì il padre Lodovico svolgeva temporaneamente l’incarico di podestà nel territorio compreso fra Caprese e Chiusi della Verna. La nascita di questo figlio, da onesta e nobile donna e con qualche discendenza dalla famiglia dei Conti di Canossa, fu vista per un qualche motivo come cosa celeste e divina oltre l’uso mortale, come racconta Giorgio Vasari nelle sue Vite dei più eccellenti scultori, pittori e architetti. Lo storico aretino inserisce Michelangelo nel suo libro, come unico artista vivente all’epoca.

Il benignissimo Rettore del cielo volse clemente gli occhi alla terra… e vista l’opinione presuntuosa degli uomini più lontana dal vero che le tenebre dalla luce, per cavarci da tanti errori mandò in terra questo spirito

da Vita di Michelagnolo Buonarroti di Giorgio Vasari, 1550

David di Michelangelo, Gallerie dell'Accademia
Il David di Michelangelo, Gallerie dell’Accademia, Firenze

Finito il mandato, il padre Lodovico farà ritorno a Firenze e risiederà spesso nel suo podere sulle colline di Settignano, dove il piccolo Michelangelo, insieme ai quattro fratelli, fu allevato da una balia che era figlia e moglie di scalpellini. La madre, Francesca di Neri di Miniato del Serra, era morta giovanissima. Così parlò di sé Michelangelo direttamente al Vasari:

Giorgio, se ho qualcosa di buono nell’ingegno, è venuto dall’aria sottile del vostro paese d’Arezzo, così come anche dal fatto che tirai dal latte della mia balia gli scalpelli e il mazzuolo con cui fo le figure

Da Vita di Michelagnolo Buonarroti di Giorgio Vasari

la campagna a Settignano
La campagna a Settignano

Settignano, sulle colline di Firenze, era il paese degli scultori e dei cavatori di pietra e Michelangelo continuò per tutta la vita a frequentare il luogo per procurarsi i macigni per le sue costruzioni, insieme ai preziosi marmi che andava personalmente a ricercare sulle Alpi Apuane a Carrara.

L’abilità del ragazzo nel disegno fu notata dall’amico Francesco Granacci, che era allievo di Domenico Ghirlandaio, e vista la passione con cui il quattordicenne si dedicava all’arte, lo convinse ad entrare come apprendista nella celebre bottega, nonostante la riluttanza del padre, che ebbe per convincimento qualche scudo mensile di compenso e un incarico alla Dogana. In seguito il Ghirlandaio lo indicò come giovane di indubbie capacità al Signore di Firenze e mecenate di artisti, Lorenzo de’ Medici.

Cortile  di Casa Buonarroti, Via Ghibellina, Firenze
Cortile di Casa Buonarroti, Via Ghibellina, Firenze
pantofole di Michelangelo, casa museo buonarroti firenze
Babbucce appartenute a Michelangelo, Casa Museo Buonarroti

Il Medici, divertito dalla genuinità del fanciullo, e ammirando le sue eccellenti abilità, lo volle ad abitare nel proprio palazzo di Via Larga, la attuale Via Cavour nel quartiere di San Lorenzo. Lì fu ammesso alla mensa dei Signori di Firenze e crebbe con i figli del Magnifico.

palazzo medici riccardi firenze
Il cortile di Palazzo Medici Riccardi

In quell’ambiente stimolante, denso di novità e idee, di geniali pensatori e bellezza, il giovane Michelangelo fu ispirato dall’arte, dai filosofi e dai poeti, ed ebbe modo di conoscere la letteratura antica e quella dei grandi toscani come Dante, Boccaccio e Petrarca. Le avvenenti madonne fiorentine e le belle e crudeli che frequentavano Firenze e palazzo Medici, ispirarono i suoi primi componimenti poetici. Michelangelo sogna di essere la ghirlanda che tocca i capelli d’oro di quelle donne, il nastro che avvolge la veste della ragazza amata. Il genio inizia a creare, si sfoga nella scultura, ha un vero talento, lo dimostra con i primi lavori come la Battaglia dei Centauri e la Madonna della Scala, un bassorilievo ad imitazione dello stiacciato di Donatello con una Vergine Maria dallo sguardo duro e deciso.

madonna della scala
Madonna della Scala, Casa Buonarroti
battaglia dei centauri
La Battaglia dei centauri, Casa Buonarroti, Firenze

Ha smanie anche lui da scrittore, vuole essere come Il Poliziano, desidera scrivere per esprimere i suoi sentimenti amorosi, ma non ha niente delle mollezze e eleganze raffinate che andavano di moda, il suo carattere severo e un po’ schivo lo frena e rifiuterà sempre di pubblicare i suoi versi, ad eccezione di qualche componimento.

Non passa un giorno che io non la veda o senta con la mente… e quando avviene che io l’ho un po’ intorno, sfavillo come ferro in fuoco ardente… Se succede che lei mi rida anche un poco o mi saluti in mezzo alla via, mi levo come polvere dal fuoco, se mi domanda, subito m’affioco, perdo la voce e la risposta mia

dalle Rime di Michelangelo Buonarroti

Si vedeva brutto e per questo motivo non vorrà mai essere ritratto, ad eccezione di due dipinti fattogli dagli amici Giuliano Bugiardini e Jacopino dal Conte, versioni poi riprodotte in molte copie fra cui quella dell’allievo Marcello Venusti. Per tutta la vita ricercò la perfezione, e spesso insoddisfatto delle sue sculture, ne lasciò molte incompiute. Ritrasse solo persone d’infinita bellezza, come il giovane romano Tommaso de’ Cavalieri, l’amico nobile, bello e gentile al quale dedicherà alcuni versi. Quello che nel tuo bel volto bramo e imparo, è mal compreso dagli umani ingegni…Oihmè ! Come sarà udita la casta voglia che il cuore dentro incendia, da quelli che sempre se stesso negli altri vede…

dalle Rime di Michelangelo Buonarroti

Ascanio Condovi, che fu un allievo di Michelangelo, così scrisse nel 1553, quando il maestro era ancora vivente

Ha amato la bellezza del corpo in tal modo che certi uomini carnali, che non sanno intendere amore di bellezza se non lascivo e disonesto, ha portato ragione di pensare e dire male di lui… So bene io, avendolo così lungamente praticato, che non sentii mai da quella bocca se non parole onestissime e che avevan forza di estinguere ogni incomposto e sfrenato desiderio che potesse cadere. Egli non solamente ha amata la bellezza umana, ma universalmente ogni cosa bella, un bel cavallo, un bel cane, un bel paese, una bella pianta, una bella montagna, una bella selva, ed ogni sito e cosa bella e rara nel suo genere, ammirandole con meraviglioso affetto; così il bello della natura scegliendo, come l’api raccolgono il miele dai fiori, servendosene poi nelle loro opere

da Vita di Michelagnolo di Ascanio Condovi, 1553

Piazza della Signoria
Firenze, Piazza della Signoria

Michelangelo era affascinato dalla bellezza vera che era anche bontà, dall’armonia che ispira al puro, al sacro, che innalza a Dio. Perchè la vera arte è religione di per sè, e l’Amor di quel che io parlo, in alto aspira diceva. La bellezza, di tutte le arti mi è lucerna e specchio. Se altro si pensa, è falsa opinione. Il suo David doveva rappresentare la perfezione che vince il male, la sua rivalsa verso il mondo falso e astioso. David era colui che per suo tramite avrebbe fatto innamorare tutti. David con la fionda e io con l’arco scriverà nei suoi appunti. E continuò a scrivere per tutta la vita, facendo trasparire nei suoi versi la sua indole ironica e a volte malinconica, insieme al disgusto per le idee che andavano diffondendosi nel suo tempo e soprattutto per la mancanza di verità.

Il mondo è cieco e il triste esempio ancora vince e sommerge ogni perfetta usanza, la luce è spenta e insieme ogni baldanza, trionfa il falso e il vero non esce fuori

dalle Rime di Michelangelo Buonarroti

Panorama su Firenze da Piazzale Michelangelo
Panorama su Firenze da piazzale Michelangelo

Era riconoscente alla famiglia Medici, ma nello stesso tempo c’era qualcosa nell’ambiente toscano e romano che non lo convinceva, intuiva la corruzione e lui era un puro, rude esteriormente ma buono, austero e rigoroso nel modo di vivere e di comportarsi, estremamente religioso senza essere bigotto o sdolcinato. Non aveva niente dell’eleganza raffinata di Leonardo da Vinci, che era solito indossare vesti di seta, pellicce e guanti ricamati e girava per Firenze circondato dai suoi adulatori. Poi c’erano quei discorsi infuocati del frate Girolamo Savonarola che lo attiravano, e lui andava ad ascoltarlo in San Marco. In quel periodo, in cui si andavano proclamando gli antichi filosofi greci e le divinità pagane, la corruzione e il vizio dilagavano e i Canti Carnacialeschi del Magnifico avevano preso il sopravvento sulla semplice ilarità del Boccaccio e il fervore della Divina Commedia. Il frate domenicano era l’unico che andava proclamando la falsità dilagante e dal suo chiostro del convento di San Marco, sotto una pianta di rose damascene, predicava l’avvicinarsi dell’Apocalisse e la perdita della libertà.

In quel secolo in cui non si scriveva libro che non fosse per levare al cielo gli antichi, il Savonarola era il solo a prendere la penna e muovere la voce contro di essi: “Alcuni si sono talmente ristretti e talmente hanno sottomesso il proprio intelletto al carcere degli antichi, che non solamente non vogliono dir nulla contro il loro costume, ma nulla che essi non dissero…”

da La Storia di Girolamo Savonarola di Pasquale Villari, 1859

giardino bardini firenze
Panorama dal Giardino Bardini, Firenze

A Roma c’erano poi gli scandali dei Borgia, il nepotismo e la corruzione nel conclave, tutte cose che gettavano ombre sul papato e fomentavano lo sdegno

Qui si fa elmi di calici e spade, e il sangue di Cristo si vende a giumelle

scrisse Michelangelo nel periodo in cui stava lavorando alla fabbrica di San Pietro a Roma.

Nella scultura troverà il modo per esternare i sentimenti, tirar fuori il talento, la sua vera missione, che era quella di innalzare a Dio attraverso l’arte, di liberare corpi dalla pietra, dalla materia.

roma il fiume Tevere e la cupola di san Pietro
Roma, il fiume Tevere e la cupola di San Pietro disegnata da Michelangelo

Nel corso della sua lunga vita fu circondato da persone che lo rispettarono come un eroe e altre che cercarono di approfittarsi della sua generosità. Poi c’erano gli invidiosi della sua bravura e degli importanti incarichi che riusciva ad accaparrarsi nonostante non li avesse quasi mai ricercati. E lui con foga lavorava, tanto che iniziò a trascurarsi, dormiva vestito, lavorava anche di notte con una candela infilata nel berretto, mangiava poco, aveva capogiri, alcuni arrivarono perfino a diffondere maldicenze, a far credere che fosse in procinto di impazzire e alcune volte a spacciarsi come esecutori delle sue opere. E’ celebre la faccenda del pugno datogli per invidia dal Torrigiano che gli deturpò il naso e l’episodio in cui di nascosto si nascose nella Cappella della Madonna della Febbre per incidere la firma al suo capolavoro della Pietà Vaticana che intuiva fatta passare come opera di un altro artista. Vollero diffondere maldicenze anche lì, una Madonna così giovane, tanto da apparire una coetanea del Cristo non era cosa da fare, ma lui si ispirava forse all’amata madre, morta giovanissima, o al grande Dante Alighieri, che in quel versetto del Paradiso dice Vergine madre, figlia di suo figlio la prima creatura perfetta dell’umanità dopo la venuta del Salvatore. Lei poi era una casta e “le donne caste si mantengono molto più fresche. Anzi ti vo’ dire di più” disse ad Ascanio Condivi “tal freschezza e fior di gioventù, che in lei si mantenne, oltrechè per natural via, è anche credibile che fosse per divin’opera, per comprovare al mondo la verginità e purità perpetua della madre

Vita di Michelagnolo di Ascanio Condovi, 1553

Ritratto di Michelangelo, Casa Museo Buonarroti, Firenze
Pietà di Michelangelo
La Pietà Vaticana o della Febbre, Michelangelo, Basilica di San Pietro, Roma

Fu fondamentalmente un incompreso Michelangelo, considerato avaro, burbero, in realtà aveva un cuore tenero e non chiedeva mai niente, aveva in indifferenza il denaro e non gradiva i doni, perchè lo avrebbero fatto sentire in debito e lui aveva le smanie di un essere libero. Alcune volte, nei contratti per le opere a lui commissionate, furono scritti compensi molto superiori a quanto in realtà gli fu concesso, come per il celebre monumento funebre del papa Giulio II

L’oratore lo persuase che non importava che il contratto specificasse più di ventimila scudi anzichè mille… aggiungendo che nessuno avea da ricercare queste cose, al che Michelangelo si quietò… Nondimeno m’è parso necessario, per estirpare quella sinistra e falsa opinione che egli avesse ricevuti sedicimila scudi… perchè per la sepoltura non ricevette se non mille ducati, che egli spese in tanti mesi a cavar marmi a Carrara

da Vita di Michelagnolo di Ascanio Condovi, 1553

monumento a Giulio II, wikipedia
Monumento a Giulio II, Roma
Sagrestia Nuova Firenze
Sagrestia Nuova, Firenze

Neppure l’immensa fatica che gli costò dipingere la Cappella Sistina lo gratificò, perchè non avrebbe voluto dipingerla, non amava la pittura, non si sentiva all’altezza del compito e gli invidiosi gli avevano affidato l’incarico con malizia, perchè sapevano per certo che non avrebbe accettato o se accettava sarebbe stato giudicato assai minore di Raffaello da Urbino, al quale per odio di Michelangelo prestavano ogni favore, stimando che la principale arte di lui fosse, come era, la statuariaMichelangelo tentò con ogni sforzo di scaricarsi, proponendo Raffaello, e scusandosi che non era la sua arte e che non sarebbe riuscito, ma il papa quasi si corrucciò, allora si mise a fare quell’opera che oggi si vede con ammirazione e stupore del mondo

da Vita di Michelangiolo di Ascanio Condivi, 1553

E così li dipinse tutti, nudi al cospetto di Gesù giudicante, e la Madonna come in disparte, dietro al Figlio, ormai impossibilitata ad intercedere.

biblioteca laurenziana
Biblioteca Laurenziana, Firenze

In vecchiaia avrebbe voluto tornare a Firenze, dove c’erano il nipote Leonardo, figlio dell’amato fratello Buonarroto, al quale scriveva spesso e dava volentieri consigli e suggerimenti Tu hai bisogno di una che stia con te e che non voglia stare in sulle pompe e andare ogni dì a conviti e nozze, perchè dove è corte, è facile cosa diventar cortigiana… Ingegnati di trovarne una che non si vergogni, quando occorre, di rigovernare le scodelle… E poi c’era il granduca Cosimo I, che lo cercava per completare la Biblioteca Laurenziana e abbellire Firenze con altri suoi capolavori. Lo avrebbero voluto in Francia e poi a Venezia e in molti altri luoghi, ma lui, nonostante la fatica e le tribolazioni, non lasciò mai Roma. “Non posso negare niente a papa Paolo III” scrisse in una lettera.

Messer Giorgio, amico caro. Voi direte che io sia vecchio e pazzo a voler far sonetti, ma perchè molti dicono che io sia rimbambito, ho voluto far l’ufficio mio… Vedo l’amore che mi portate e sappiate per certo che io avrei caro di riporre queste mie deboli ossa accanto a quelle di mio padre, ma partendo ora di qua sarei causa di una grande rovina alla fabbrica di San Pietro, di una grande vergogna e un grandissimo peccato

da una lettera di Michelangelo a Giorgio Vasari, 19 Settembre 1554

Michelangelo visse in semplicità e le ricchezze che aveva guadagnato spesso servirono per ripagare i debiti dei familiari, oppure furono usate per fare beneficenza e regali a parenti e amici.

Michelagnolo, Iddio sia ringraziato che per la sua grazia ti ha ispirato a farmi tanta elemosina, così che io sono vissuto per sua e tua misericordia, senza andare accattando… 15 Gennaio 1530. Lodovico di Lionardo a Settigniano.

da una lettera del padre a Michelangelo

La sua casa in Macel de’ Corvi a Roma, nel luogo dove si trova oggi il Vittoriano, era definita da lui sempre in modo scherzoso come fosse una bettola Io sto rinchiuso come la midolla nella sua scorza, qua povero e solo, come spirito legato in un’ampolla… D’intorno all’uscio ho mete di giganti, perchè chi mangia uva o ha presa medicina, non vanno altrove a cacar tutti quanti

da le Rime di Michelangelo Buonarroti

Più volte gli ho sentito dire: Ascanio, per ricco che io sia stato, son sempre vissuto da povero… Egli non fu mai avaro del quattrino, nè attese a cumular danari, contento di quanto gli bastasse a vivere onestamente… Ha donato molte cose, le quali, se vendere avesse voluto, n’avrebbe tratta una pecunia infinita

da Vita di Michelagnolo di Ascanio Condovi, 1553

Aveva quel po’ di terreno che gli consentiva di tenere le galline, l’amata gatta e i cavalli, sua grande passione, e andava bene così. Tutti i giorni, fino agli ultimi, quando era bel tempo andava a cavalcare. Visse sempre in quella casa per i trenta anni che rimase a Roma, circondato dagli amici toscani che ogni tanto lo venivano a trovare portandogli vino e formaggi, la sua quasi esclusiva alimentazione insieme al pane, e poi c’erano i fidati camerieri come Francesco dell’Amadore, chiamato l’Urbino, da lui considerato come un figlio. Il dolore per la sua morte fu grande e Michelangelo continuò ad occuparsi della vedova e dei bambini anche successivamente.

Messer Giorgio, amico caro, voi sapete come Urbino è morto, che mi è stato di grandissima grazia ma con grave mio danno e infinito dolore. Dove in vita mi teneva vivo, morendo mi ha insegnato a morire… L’ho tenuto 26 anni e l’ho trovato realissimo e fedele, e ora che l’avevo fatto ricco e che l’aspettavo bastone a riposo della mia vecchiezza, m’è sparito… più assai che il morire gli è rincresciuto il lasciarmi vivo in questo mondo traditore

da una lettera di Michelangelo a Giorgio Vasari, 23 Febbraio 1556

Casa Museo Buonarroti, Via Ghibellina, Firenze
Casa Museo Buonarroti, Via Ghibellina, Firenze

Le lettere e le Rime di Michelangelo ce lo mostrano nella sua umanità, sono piene di significati, vengono dall’animo, scavano nel profondo, dicono molto su lui. Tacete pallide viole e liquidi cristalli… lui dice cose, voi dite parole. Voi scalpellatori moderni e anche antichi, andate tutti al sole disse lo scrittore a lui contemporaneo Francesco Berni, esaltando la sua poesia.

Fino agli ultimi giorni Michelangelo continuò a scrivere lettere interessandosi dei fratelli e dei nipoti, per i quali aveva acquistato poderi e alcune case in via Ghibellina a Firenze, luogo dove successivamente il pronipote Michelangelo Il Giovane allestì un museo in suo onore.

Si innamorerà ancora perdutamente a 70 anni, di Vittoria Colonna, marchesa di Pescara, la poetessa che con il marito Francesco Ferrante d’Avalos fu celebre a Ischia per la sua corte erudita nel Castello Aragonese, e che fu in seguito quasi condannata per eresia per la sua amicizia con il cardinale inglese riformatore Reginald Pole. Se i begli occhi e le ciglia, con la tua pietà vera, volgi a me sì tardi, ancor beato… se al fiero destino prevale grazia e ventura, da te fu vinto il cielo e natura

Dunque posso a noi due dar lunga vita, in qualsiasi modo, o di colore o di sasso… così che mille anni dopo la partita, quanto bella voi foste e quanto io stanco, si veda, e come ad amarvi io non fui stolto

vittoria e michelangelo, casa buonarroti firenze
Dono di Costanza Barberini a Michelangelo il Giovane, Stanzino dell’Apollo, Casa Buonarroti

Vittoria, che gli aveva già commissionato alcune opere, lo conobbe personalmente quando, divenuta vedova, si trasferì in convento prima a Roma e poi a Viterbo. Fu una sua grande musa ispiratrice, una donna con la quale ebbe un’intensa intesa spirituale. Un altro grande dolore per Michelangelo quando morì.

In particolare egli amò grandemente la marchesa di Pescara, del cui divino spirito era innamorato, ed essendo da lei amato svisceratamente: della quale tiene ancora molte lettere, d’onesto e dolcissimo amore

da Vita di Michelagnolo di Ascanio Condovi

Un uomo in una donna, anzi un Dio e io lì ad ascoltarlaCome un legno secco ancora brucio… Non so chi mi abbia trascinato in questo martirio, da te il volto, da te il cuore… più alto è quel Signore che nei tuoi occhi la mia vita ha posto

La forza di un bel viso a che mi sprona? Che altro non c’è al mondo che mi diletti: ascender vivo fra gli spiriti eletti… se io amo, anzi ardo, e per divini concetti, onoro e stimo ogni gentil persona?

dalle Rime dedicate a Vittoria Colonna di Michelangelo Buonarroti

Campidoglio Roma
Piazza del Campidoglio a Roma, progetto di Michelangelo

Morirà quasi novantenne, ancora pieno di vigore. Come scriverà Daniele da Volterra in una lettera, appena una settimana prima aveva lavorato per tutto il giorno scalpellando in piedi instancabilmente alla Pietà Rondolini, rimasta incompiuta. Due giorni dopo, il 14 Febbraio 1564, fu colto da una febbre violenta, Tiberio Calcagni, un amico, scrive al nipote Leonardo a Firenze di averlo trovato febbricitante sotto la pioggia e averlo riportato a casa. Michelangelo chiede al nipote di venire a Roma e di fare attenzione per le strade, ma si spenge serenamente il giorno dopo. Secondo le sue volontà Leonardo lo riporterà a Firenze di nascosto, perchè probabilmente non l’avrebbero permesso.

Temendo qualche contestazione nella Città Eterna, immaginò l’espediente lugubre di nasconderlo in una balla, poi di spedirlo cautamente ad uso mercanzia. Leonardo si trattenne fino alla fine di aprile a Roma per liquidare le questioni pratiche. Affittò a Daniele di Volterra la casa di Macel de’ Corvi, pagò e licenziò Antonio, regalò ai più fedeli amici qualche ricordo dell’artista… Quasi nessun disegno; si seppe allora che poco prima di morire, l’incontentabile artista aveva bruciato a due riprese una quantità di schizzi e cartoni che non giudicava degni di sopravvivergli

da L’ultima tragedia di Michelangelo di Camille Mallarme

santa croce firenze
Basilica di Santa Croce, Firenze

Accolto dal Granduca di Toscana e da tutto il popolo fiorentino, il corpo di Michelangelo fu esposto in Santa Croce e successivamente ebbe un solenne funerale nella basilica di San Lorenzo, per poi venir di nuovo portato in Santa Croce, dove riposa in un sepolcro realizzato dal Vasari. Il monumento che aveva ideato per la sua sepoltura e al quale aveva lavorato nei ritagli di tempo per tanti anni, lo aveva ceduto, insoddisfatto, all’amico Bandini. Si tratta della Pietà oggi conservata nel Museo del Duomo di Firenze, dove Michelangelo rappresenta se stesso per la prima volta, nei panni di Nicodemo che depone Cristo dalla Croce. Un’immagine toccante, dai profondi significati. Michelangelo fu un fervente cattolico e un assiduo lettore del Vangelo.

Signore, nelle ore estreme, stendi verso me le tue pietose braccia, e fai di me uno che ti piaccia…

Poichè lo spirito sciolto ritorna alla sua stella… Ti prego che il mio corpo benchè brutto, tu lo voglia in Paradiso, perchè un cuore pietoso vale quanto un bel viso

dalle Rime di Michelangelo Buonarroti